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Aldo
Brancacci, Musica e Filosofia da Da=
mone a
Filodemo. Sette studi,
Olschki, 2008
L’autore vi raccogl= ie, rielaborati, studi specialistici già apparsi come contributi isolati= e dedicati ad addetti ai lavori.
A parte che un tuffo nella filologia è sempre salutare, è indubbio che la contrazione diacronica nei programmi scolastici della storia antica nei bienni imponga = qualche finestra aperta, e non da occasioniali colpi di vento, per il rientro non estemporaneo di temi dell’antichità nel flusso di trasmissione dei contenuti culturali. Se si aggiunge il disprezzo per la cultura musicale, testimoniato, di pari passo col diminuire della presenza della materia, dalla presa in giro della giornata della musica, istituita p= er compensare pesanti perdite di posti di lavoro di docenti di musica, allora = si comprende come sia sempre bene non trascurare il ruolo di questa espressione dello spirito e della materia nella presentazione delle epoche della cultura.
Ora, per quanto finalment=
e si sia
arrivati ad usare con pudore il termine “interdisciplinare”, se=
vogliamo presentare anche per il facile tramite di una
elementare sincronia la cultura musicale di un’epoca, occorre sempre
pensare che quel che ha reso impossibile far uscire
l’interdisciplinarietà dalle gabbie degli accostamenti forzosi=
e
dal velleitarismo della coevità, è stata proprio
l’impreparazione dei docenti a cogliere l’individuazione
epistemologica delle singole discipline, prima di tentare accostamenti
ingannevoli. Parlare di musica e filosofia nell’antichità clas=
sica
non è come parlare di musica e filosofia =
al
tempo della Camerata dei Bardi o come accostare Wagner e Nieztsche. Non sol=
o il
tipo di contatto è inconfrontabile sul piano denotativo per la
determinazione storica dei rapporti stessi tra quelle discipline, ma la
E allora forza con questa essenziale e imprescindibile ginnastica prepara= toria.
Il primo caso è qu= ello di Damone.
Ciò che ora era in questione er=
a non
solo la forte valorizzazione paideutica della musica, ma anche la sua funzi=
one
etica, la sua capacità di integrarsi al magistero del sofista, cui <=
span
class=3DGramE>spetta supremazia culturale, e, inoltre, la sua
capacità di valere a diversi livelli dell’immaginario della =
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rave;lij
e della rappresentazione che essa offre di sé. Questo valore non
è soltanto
coerente con il significato primario, propriamente politico, =
della
democrazia periclea, ma, più precisamente, con l’ideale di
diffusione ampia e generalizzata presso il dÁmoj di principi, =
di
costumi e di uno stile di vita rappresentanti da una élite colta e
socialmente elevata, avente funzione paradigmatica.
I vari saggi proseguono p= oi in una serie che assume forma di una riflessione coerente sull’idea, nel= la cultura classica ed ellenistica, della musica nelle sue connotazioni politi= che e filosofiche. Il frammento papiraceo Hibeh 13 de musi= ca, finora adespota, è letto in modo che non si possa
inferire una polemica di Democrito contro la
concezione damoniana relativa al valore etico-pedagogico della musica, e
altrettanto difficile è ammetere che a tale concezione il filosofo di
Abdera opponesse una nozion e
puramente edonistica del fatto musicale.
Si parte così alla= ricerca di un altro filone, che si identifica con una li= nea che va da Gorgia ad Antistene ad Alcidamante e che si oppone a quella dottrina relativa all’influsso e= tico della musica elaborata da Damone – più tardi in vario modo e a diverso titolo ripresa da Platone e Aristotele. Se dunque la nascente estetica, nel volgere di = quei due secoli, ebbe nella teoria della musica il più grande contributo, la retorica di= sse la sua, giungendo con Alcidamante a rivendicare alla potenza del discorso
quella stessa capacità di adeguare
perfettamente il messaggio all’uditorio, determinandolo, di cui propr=
io
l’incantamento prodotto dall’arte dei suoni avrebbe,
originariamente, colto il segreto.
E si procede così a proporre Alcidamante stesso per la paternità d= el testo del frammento papiraceo.
In Platone, poi, la messa= a punto del retto amore (si pensi a quante difficoltà offre agli allievi lic= eali questo concetto per la difficoltà di comprensione della nozione di omoerotico e nella definizione del ruolo della carnalità in questa accezione di eros) richiede l’acquisizione= di una serie di elementi che
trovano la loro giustificazione nelle
capacità e nei fini riconosciuti alla musica: attivazione ed esaltaz=
ione
della percezione del bello e del buono nella realtà tutta, in modo da
trasmettere il valore all’anima e orientare il desiderio dell’u=
omo,
promuovendo in pari tempo la sua familiarità con la ragione, in una
sintesi di sentire e pensare il cui fondamento è la fiducia nella
possibilità di trasfondere l’imulso nella sfera del pensiero,
proiettando, cioè, quanto in esso è da conservare e salvare in
una sfera superiore.
Insomma, andando avanti n= ella letteratura di questi contributi apparentemente monografici, la questione d= ello statuto epistemologico della musica si fa complessa e si ha l’impress= ione che le nostre fonti siano solo risorgenti di un flusso carsico nemmeno poi tanto sotterraneo. Il saggio su Aristosseno rinuncia alla credenza nella semplice giustapposizione di una scuola che professa un razionalismo matema= tico che nega ogni ruolo nella scienza armonica alla sensazione e di un’al= tra scuola che si basa unicamente sulla percezione. E’ in epoca imperiale= che tali posizioni dialettiche si sclerotizzano: nel IV secolo, Aristosseno vive ancora la complessità e la profondita di qu= ella dialettica e propone una sintesi di conoscenza sensibile e conoscenza razionale pienamente originale, a testimonianza, direi, di quanto la musica ancora è in grado di muove= re il dibattito perché ritenuta causa di comportamenti e fattore determinante nell’educazione dei cittadini. Ma la sintesi di empirismo e razionalismo tentata da Aristosseno fa = di lui un isolato, anche in seno allo stesso Peripato.
Come se, esauritasi l’urgenza pedagogica e psicagogica legata alla vita della polis, la musica cessasse di incalzare per la soluzione del dissidio tra la fiducia n= ella ragione e la forza della percezione e quel dissidio, anche per questo motiv= o, rimanesse irrisolto per mille generazioni di pensatori posteriori.