MIME-Version: 1.0 Content-Type: multipart/related; boundary="----=_NextPart_01CB2A3F.67B480A0" Questo documento č una pagina Web in file unico, nota anche come archivio Web. La visualizzazione di questo messaggio indica che il browser o l'editor in uso non supporta gli archivi Web. Scaricare un browser che supporti gli archivi Web, come Windows® Internet Explorer®. ------=_NextPart_01CB2A3F.67B480A0 Content-Location: file:///C:/495618CF/baricco.htm Content-Transfer-Encoding: quoted-printable Content-Type: text/html; charset="us-ascii"
Alessandro Baricco, Next. Piccolo li=
bro
sulla globalizzazione e sul mondo che verrà, <=
span
style=3D'font-size:16.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"'>Feltrinell=
i,
20021, (Universale economica, 2009).
All’estensore di queste note e=
ra
sfuggita la lettura di questo libello prezioso che suo nipote ha pescato in
libreria per il genetliaco del nonno.
La natura della rubrica impone di
tralasciare ogni encomio per le capacità di snocciolare sintesi
convincenti e di infilare uno dopo l’altro motivi di riflessione
originale su argomenti che il biascicare continuo di bocche esperte e bocche
triviali ha ridotto da tempo a impasti informi adatti semmai allo pseudodibattito
sociopolitico di questi miserevoli tempi.
Quel che invece interessa per queste
pagine riguarda un aspetto della penetrazione dei trivi e degli angiporti n=
ei
programmi scolastici. Una penetrazione voluta e perpetrata a suon di libri =
di
testo univocamente intesi e per colpa, ammettiamolo, di scarsa vigilanza de=
gli
insegnanti verso l’imperversante demagogia di chi aveva facile campo a
combattere contro impostazioni rigorose di una materia dimenticata come la
geografia. Il problema del dilagare della tendenza a sostituire la sociolog=
ia
alla storia (fin dalle ignare scuole elementari divenute primarie) produsse,
come estremismo patologico, la promozione incredibile di un nome astratto (=
per
altro da poco nato e ancora incerto sulle gambe) a definizione di una mater=
ia
antica ed epistemologicamente stabile.
Globalizzazione non è stato più negli ultimi anni una delle c=
ose
da spiegare parlando del mondo, ma un dato scontato e imprescindibile,
addirittura una scienza da penetrare e comunque un destino inevitabile
dell’umanità del=
suo
ambiente. E non per motivi etici (com’era il socialismo quando chi sc=
rive
era giovane) ma per una sorta di motivazione naturalistica, quasi dovuta
all’evoluzione naturale. Nei testi e nelle ore della geografia la
globalizzazione diveniva da argomento materia, da paragrafo somma di capito=
li,
da fenomeno noumeno e stava ormai fagocitando l’antico assetto
cartografico, l’orografia e l’idrografia e il moderno assetto
statistico antropico e diacronicamente ambienta=
le.
Insomma la globalizzazione, forte de=
lla
sua quintessenza economica, che costituisce la differenza concettuale da qu=
el
fenomeno quintessenzialmente culturale che indi=
chiamo
col termine koiné, era lì lì per stabilirsi come uno di quei golem contr=
o i
quali le note di questa rubrica spesso si scagliano, che amiamo definire col
termine macrotautologia. L’esiziale incombenza della definitiva
accettazione macrotautologica della globalizzazione come destino e di
conseguenza della globalizzazione come materia da inserire proprio col suo =
nome
nella prossima sciagurata riforma è forse una scena da distopia
fantascientifica, ma forse non lontana dal cadere su di noi.
Le prime pagine del libello di Baric=
co
distruggono semplicemente l’idea che la globalizzazione abbia
l’invasiva flagranza e la diffusiva estensione che le vengono conferi=
te.
Come dire: quelle pagine distruggono la credenza fideistica della
globalizzazione come millenaristico futuro individuato dagli appositi inizi=
ati.
Che è come rimproverare al credulone che dalle cattedre di scuola
diffondeva il credo della globalizzazione assuefacendosi alla univocit&agra=
ve;
dei testi di geografia con la mielosa copertura ideologica di una pedagogia=
dell’interesse,
la sua mancata vigilanza sulla esistenza ancora flagrante di varietà
culturali che possono sì uniformarsi o svilupparsi autonomamente, ma=
per
le vicende di una storia umana che ancora va avanti e non per per l’avvenuto avvento delle multinazionali.
(…)
qualcosa che non esiste ma che può diventare reale a condizione che
tutti credano che esista. Dieci anni fa, la globalizzazione era esattamente=
una
cosa del genere. Una cosa che non esisteva ma che poteva diventare reale: a
patto che tutti si convincessero che esisteva.
(…)
Contrariamente
alle apparenze, gli esempi che la gente fornisce per definire la globalizzazione non so=
no
scemi ma mirabilmente esatti, e aiutano proprio a formulare quella domanda =
in
modo più corretto. Proprio perché sono falsi,o veri a met&agr=
ave;,
o irrilevanti, colgono nel segno: dicono che la globalizzazione è una
proiezione fantastica che, se considerata reale, diventerà reale.
Prendete i soliti monaci. I monaci tibetani non navigano in rete (ha portato
prima l’esempio di pubblicità di computer che fanno vedere mon=
aci
tibetani davanti ad internet, n.d.r.) ma se tutti pensano che lo facciano, e
tutti si comportano di conseguenza, tutti finiranno per produrre un mondo in
cui i monaci tibetani navigheranno effettivamente in rete. C’è=
una
definizione più esatta di globalizzazione ?
Alberto (mio nipote che ha pescato in
libreria questo libello che mi era sfuggito … habent sua fata…) farà a set=
tembre
la quarta elementare: che trovi in tutti gli anni che gli rimangono come
studente una geografia da studiare per studiare il mondo, non una squallida
trovata ideologica.